Federazione Italiana a
Associazione Medici omeopati

(24.11.2016)

Nota di chiarimenti riguardo al provvedimento
della Federal Trade Commission USA

La regolamentazione europea (direttiva 2001/83/CE), recepita in Italia col DL 219/2006, prevede che i medicinali omeopatici vengano registrati con una procedura semplificata, che non prevede documentazione di prove di efficacia clinica. In questo caso sulla confezione deve essere scritto “senza indicazioni terapeutiche approvate”.

Questa dicitura risulta assolutamente corretta in quanto la prescrizione omeopatica propriamente detta è mirata al paziente nel suo insieme anziché sulla patologia in senso stretto.

In numerosi paesi europei (Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Lettonia, Lituania, Portogallo), a differenza dell’Italia, è finanche possibile la registrazione con indicazione terapeutica sulla base di una documentazione che si riferisca all’uso tradizionale. In questi paesi l’iter registrativo segue l’articolo 16.2 della direttiva 2001/83/CE che prevede che ciascun paese membro possa introdurre o mantenere sul suo territorio norme particolari per prove cliniche e precliniche dei medicinali omeopatici conformemente ai principi e alle caratteristiche della medicina omeopatica praticata in tale stato membro. In questi paesi ci può essere un foglietto illustrativo che riporta che il prodotto è “tradizionalmente utilizzato” in omeopatia per una data indicazione (tosse secca, contusioni, ecc).

Questo vale fondamentalmente per i cosiddetti “complessi” , prodotti costituiti da una miscela di principi scelti in base al loro tropismo d’organo, secondo formule brevettate dalle singole aziende: vengono prescritti su base “nosologica”, ovvero in base ad una data patologia (Similitudine parziale), a differenza dei medicinali unitari o monocomponenti, che sono mirati al paziente nella sua totalità (individualizzazione terapeutica).

Come per i farmaci di uso convenzionale, anche la produzione omeopatica di qualunque tipo è comunque assoggettata alle regole di buona fabbricazione e ai controlli di qualità che l’Agenzia del Farmaco programma regolarmente.

Il provvedimento adottato negli Stati Uniti, che mira a fare chiarezza nella pletora di prodotti OTC venduti liberamente in supermercati e drugstore, prevede che i medicinali omeopatici da banco, assunti per patologie lievi in regime di automedicazione, possano vantare e reclamizzare capacità terapeutiche solo se avranno prodotto studi di conferma secondo le regole in uso per tutti gli altri medicinali. Da una parte questo sana una situazione di concorrenza sleale: il medicinale convenzionale per arrivare su quel banco con una indicazione terapeutica deve produrre una adeguata documentazione e non è giusto che si trovi a concorrere con chi non ha seguito lo stesso iter. Dall’altra non riconosce il peso che l’Europa invece assegna all’uso tradizionale e soprattutto sembra ridurre tutto il potenziale terapeutico omeopatico a dei prodotti che in realtà corrispondono alla logica dell’omeopatia solo parzialmente, perché in questo uso viene meno il pilastro della individualizzazione che sta alla base del successo terapeutico dell’omeopatia. Il provvedimento statunitense non si riferisce ai medicinali omeopatici prescritti dal medico, il che implicitamente conferma che l’efficacia della medicina omeopatica è strettamente legata alla competenza del medico prescrittore.

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